I mici nelle Favole...

Miagolando qua e là ho sentito parlare di favole o filastrocche in cui i protagonisti siamo proprio noi gatti...e ho deciso di farne una raccolta nel mio blog proprio per voi...spero che gradirete sia che siate felini che non!


Quattro soriani una mattina
portavano il gallo in portantina.
- Non vi par strano, Messer Galletto,
da parte dei gatti tanto rispetto?
- Madama Gallina, in fede mia,
voi parlate per gelosia.
I gatti mi onorano perché son saggio,
e ora mi portano in viaggio -.
Ma appena furono poco lontani,
sai che fecero i quattro soriani?
In quattro bocconi, e senza rispetto,
si divorarono il galletto.

CANE…E GATTO (LEGGENDA)
Da tempi immemorabili
 il cane e il gatto per vivere, si accontentavano delle briciole che l'uomo donava loro al termine dei suoi pasti. Un bel giorno però, i due animali dissero all'uomo: - In cambio dei nostri servigi, pretendiamo una piccola porzione di carne al giorno.-Un po' a malincuore l'uomo accettò e l'accordo fu scritto, firmato e nascosto nel granaio del gatto. Il giorno seguente il cane si presentò all'uomo per la sua razione di carne, ma l'uomo rispose. - Mostratemi il contratto ed io vi darò la carne.- Il gatto si precipitò nel granaio ma il contratto era stato totalmente rosicchiato dai topi. Il cane si infuriò tanto, che da quel giorno tutte le volte che vede un gatto lo insegue per punirlo, e da parte sua il gatto, quando non è inseguito da un cane, dà la caccia ai topi responsabili di aver distrutto un documento così importante.


                                        
IL NONNO E IL NIPOTINO

C'era una volta un uomo molto anziano che camminava a fatica; le ginocchia gli tremavano, ci vedeva poco e non aveva piu' neanche un dente. Quando sedeva a tavola,reggeva a malapena il cucchiaio e versava sempre il brodo sulla tovaglia; spesso gliene colava anche dall'angolo della bocca. Il figlio e sua moglie provavano disgusto, percio' costringevano il vecchio nonno a sedersi nell'angolo dietro la stufa e gli davano poco da mangiare e in una brutta ciotola di terracotta. Il povero vecchio guardava sconsolato il loro tavolo,con gli occhi lucidi. Un giorno le sue mani sempre tremanti non riuscirono a reggere la ciotola, che cadde a terra e si ruppe. La donna lo rimprovero', ma il vecchio non disse nulla e sospiro'. Allora per pochi soldi gli comprarono una ciotola di legno. Un giorno, mentre sedevano in cucina, il nipotino di quattro anni armeggiava per terra con dei pezzetti di legno. "Che cosa stai facendo?" gli domando' il padre.."Ecco" rispose il bambino. "Sto costruendo un trogolo per farci mangiare mamma e papà quando sarò grande". I genitori allora si guardarono in faccia e alla fine scoppiarono in lacrime. Fecero subito sedere il vecchio nonno al loro tavolo e da quel giorno lo lasciarono mangiare sempre assieme a loro. E quando versava il brodo non dicevano piu' nulla.


            IL GATTO CON GLI STIVALI

C'era una volta un povero mugnaio che, giunto il momento della sua morte, lasciò ai suoi tre figli tutti i suoi possedimenti: il suo mulino, il suo asino e il suo gatto.
I tre fratelli si spartirono tra di loro l'eredità senza neanche chiamare un avvocato o un notaio perchè erano così poveri che se lo avessero fatto sarebbero rimasti senza nulla.
Il più vecchio dei tre fratelli ereditò il mulino, il secondo l'asino e il terzo, il più giovane, non ereditò nient'altro che il gatto.
Il più giovane dei fratelli era molto triste per aver ricevuto una parte così povera degli averi del padre: «I miei fratelli», disse, «possono vivere abbastanza bene unendo il loro patrimonio; ma io, quando avrò mangiato il gatto, e mi sarò fatto uno scaldamani con la sua pelle, morirò di fame.»
Il gatto, che sentì tutto questo, ma fece finta di non aver sentito, gli disse con aria seria: «Non essere così triste, mio padrone, non devi fare altro che darmi un sacco e prendermi un paio di stivali fatti apposta per me cosicchè io possa camminare attraverso lo sporco e i rovi e così vedrai che non hai avuto un'eredità così povera come quella che credi.»
Il padrone del gatto non credette molto a quello che gli disse; certo, lo aveva spesso visto mettere in atto un gran numero di trucchetti per catturare ratti e topolini... come quando era solito stare in piedi sulle zampe posteriori, oppure nascondersi nel prato e fare finta di essere morto; ma visto che non aveva nulla da perdere decise di lasciarsi aiutare dal gatto dandogli quello che chiedeva.
Quando il gatto ebbe quello che aveva chiesto si infilò gli stivali e mise la sacca attorno al suo collo. Tenne i lacci del sacco nelle sue zampe anteriori ed entrò in una tana piena di conigli. Mise un po' di crusca e di carote nella sua sacca e si stese a terra fingendo di essere morto in attesa che qualche giovane coniglio ingenuo finisse nella sua sacca per mangiare quello che vi aveva messo dentro.
Non aveva messo tante cose nella sua sacca, ma ottenne comunque quello che voleva. Subito un giovane e ingenuo coniglio saltò dentro la sua sacca, e il gatto immediatamente tirò i suoi lacci per chiuderla, lo catturò e lo uccise senza pietà.
Fiero della sua preda, la portò al palazzo e chiese di parlare con sua Maestà.
Fu portato al piano superiore, nella stanza del Re e, facendo un profondo inchino, gli disse: «Mio signore, Vi ho portato un coniglio che, il mio nobile signore, il Marchese di Carabas» (era questo il titolo che il gatto diede al suo padrone) «mi ha comandato di portarvi da parte sua.»
«Dì al tuo signore», disse il Re, «che io lo ringrazio e che mi ha fatto molto piacere ricevere il suo dono.»
Un'altra volta si nascose fra le pannocchie, tenendo fermamente la sua sacca aperta, e quando due pernici ci finirono dentro, tirò i lacci e le catturò entrambe.
Si presentò dal Re e gliele donò, come aveva fatto prima con il coniglio. Il Re, in buona maniera, accettò le pernici con grande piacere e gli diede alcuni soldi per bere.
Il gatto con gli stivali continuò così per due o tre mesi portando a sua Maestà, di tanto in tanto, ciò che a suo dire, il suo padrone, gli ordinava di portare.
Un giorno, quando il gatto con gli stivali sapeva con certezza che il Re avrebbe fatto una passeggiata lungo il fiume con sua figlia, la più bella principessa del mondo, disse al suo padrone: «Se seguirai i miei consigli la tua fortuna è fatta. Non devi fare altro che andare a lavarti nel fiume, nel luogo in cui ti dirò, e lasciare il resto a me.»
Il Marchese di Carabas fece quello che gli aveva suggerito il gatto, senza sapere il perchè o il percome.
Mentre si stava lavando, il Re passò li vicino con sua figlia, e il gatto cominciò ad urlare: «Aiuto! Aiuto! Il signore di Carabas sta annegando!»
Sentendo queste urla il Re fece uscire la testa dal finestrino della sua carrozza e, vedendo che era il gatto che gli aveva così spesso portato dei doni, comandò alle sue guardie di andare immediatamente a dare assistenza a signoria il Marchese di Carabas.
Mentre le guardie si prodigavano per salvare il Marchese dal fiume il gatto con gli stivali si avvicinò alla carrozza e disse al Re che mentre il suo signore si stava lavando si erano avvicinati dei ladri e se ne erano andati con i suoi vestiti, nonostante lui avesse urlato: «Ladri! Ladri!» diverse volte, più forte che poteva.
In realtà il furbo gatto con gli stivali aveva nascosto i vestiti del suo padrone sotto una grande roccia. Il Re comandò immediatamente ai suoi servitori di correre a prendere i migliori vestiti per il Marchese di Carabas e si prese cura di lui in modo gentile, e non appena il Marchese indossò i suoi nuovi e bellissimi vestiti tutti si accorsero che egli era un uomo bellissimo tanto che la figlia del Re si infatuò subito di lui e, non appena il Marchese di Carabas le gettò due o tre rispettose e gentili occhiate, lei si innamorò di lui.
Il Re invitò il Marchese a salire sulla sua carrozza per prendere parte alla passeggiata mentre il gatto con gli stivali, felice di vedere che il suo progetto cominciava ad aver successo, si avviò davanti a loro e, incontrandosi con dei contadini che stavano falciando il prato, disse loro: «Buona gente, voi che state falciando il prato, se non dite al Re che il prato che state falciando appartiene al mio signore il Marchese di Carabas, sarete fatti a pezzettini.» Passando davanti ai contadini il Re chiese loro a chi quel prato appartenesse. «A nostro signore Marchese di Carabas!» risposero tutti insieme, dato che le minaccie del gatto li avevano spaventati terribilmente. «Vede, signore,» disse il Marchese, «questo è un prato che produce grandi quantità di fieno ogni anno.»
Il gatto con gli stivali, che continuava a precedere la carrozza, si incontrò con alcuni mietitori di grano e disse loro: «buona gente, voi che state mietendo il grano, se non dite al Re che tutto questo grano appartiene al Marchese di Carabas, sarete fatti a pezzettini.»
Il Re, che passò di li un momento dopo, volle sapere a chi apparteneva tutto il grano che vedeva dal finestrino della carrozza.
«A nostro signore Marchese di Carabas» risposero i mietitori e il Re fu molto compiaciuto di sentirlo, così come anche il Marchese che ricevette i complimenti del Re.
Il gatto con gli stivali andò ancora avanti dicendo le stesse parole a tutti coloro che incontrava e il Re fu esterefatto dalla vastità dei terreni che appartenevano al Marchese di Carabas.
Il gatto con gli stivali, infine, raggiunse un enorme castello, il cui signore era un orco, il più ricco che ci fosse mai stato dato che tutte le terre su cui governava il Re gli appartenevano.
Il gatto con gli stivali, che si era informato prima circa questo orco e quello che poteva fare, chiese di parlare con lui dicendo che non poteva passare così vicino questo castello senza avere l'onore di porgergli i suoi rispetti. L'orco lo ricevette con tanta civiltà quanto un orco poteva avere e lo fece sedere.
«Mi è stato detto», disse il gatto con gli stivali, «che tu hai il dono di cambiare la tua forma in qualsiasi tipo di creatura tu abbia in mente. Puoi, per esempio, trasformarti in un leone, o in elefante, o altri animali simili.»
«È vero», rispose l'orco repentinamente, «e per convincerti ora mi vedrai trasformare in un leone.»
Il gatto con gli stivali fu terrificato alla vista del leone così vicino a lui che immediatamente si nascose dentro alla grondaia, non senza abbondanza di problemi e pericoli per colpa dei suoi stivali che non erano adatti a correre sulle tegole del tetto.
Dopo un po', quando il gatto con gli stivali vide che l'orco aveva riassunto la sua forma naturale scese giù e ammise di essersi spaventato molto.
«Mi è stato inoltre detto», disse il gatto con gli stivali, «ma non riesco proprio a crederci, che hai anche il potere di prendere la forma dei più piccoli animali; per esempio diventare un ratto oppure un topolino, ma ad essere sincero credo che questo sia impossibile.»
«Impossibile?!», si mise a ridere l'orco, «lo vedrai con i tuoi stessi occhi!»
E mentre pronunciava questo si trasformò in un topolino e cominciò a correre in giro per il pavimento.
Il gatto con gli stivali, non appena vide questo, gli saltò addosso e se lo mangiò in un sol boccone.
Nel frattempo il Re, che vide, mentre passava, il bel castello dell'orco, pensò di avvicinarsi. Il gatto con gli stivali, che sentì il rumore della carrozza di sua Maestà fuori dal castello, corse fuori e disse al re: «Sua Maestà è benvenuta nel castello del signor Marchese di Carabas.»
«Cosa?! Marchese,», esclamò il Re, «anche questo castello le appartiene? Non ci potrebbe essere niente di più bello di questa corte e di tutti gli edifici che circondano questo castello. Entriamo!»
Il Marchese porse la mano alla principessa e seguì il Re che entrò per primo. Entrarono in uno spazioso salone, dove trovarono una magnifica colazione che l'orco aveva preparato per i suoi amici, che, proprio in quel giorno, avrebbero dovuto fargli visita, ma che non osarono entrare sapendo che il Re era lì.
Sua Maestà fu molto compiaciuto dalle buone qualità del Marchese di Carabas e così anche sua figlia che oramai era innamorata perdutamente di lui e, vedendo la vastità dei terreni che possedeva, gli disse, dopo aver bevuto cinque o sei bicchieri: «Sarebbe un vero peccato, mio Marchese, se lei non diventasse mio genero!»
Il Marchese, facendo molti profondi inchini, accettò l'onore che sua Maestà gli aveva conferito e perciò, proprio quello stesso giorno, sposò la principessa. Il gatto con gli stivali diventò un grande Lord e non corse più dietro un topolino se non per suo svago.



IL PONTE DELL'ARCOBALENO

C'è una parte del Paradiso chiamata "Ponte dell'Arcobaleno". Quando muore una bestiola che e' stata particolarmente vicina a qualcuno di noi, qui sulla Terra, quella bestiola va al Ponte dell'Arcobaleno. Ci sono prati e colline dove tutti i nostri specialissimi amici possono correre e giocare insieme. Ci sono ciotole di pappa, acqua fresca ed un bel sole splendente, così i nostri amici possono stare al caldo ed al sicuro. Tutti gli animali che erano malati ed anziani sono di nuovo in salute e pieni di forze, tutti quelli che erano feriti o mutilati sono di nuovo forti ed integri, così come li ricordiamo nei nostri sogni di giorni e tempi passati. Sono felici e sereni, eccetto che per un piccolo particolare: ognuno di loro ha nostalgia di una persona davvero speciale, qualcuno che hanno lasciato qui sulla terra. Giocano e corrono tutti insieme, ma viene il giorno in cui uno di loro d'un tratto si ferma e guarda lontano. Gli occhietti luminosi sono fissi, il corpicino freme d'impazienza. Improvvisamente si allontana dal gruppo, volando sui prati verdi, sempre più veloce. Ti avrà riconosciuto! E quando Tu ed il Tuo specialissimo amico finalmente vi incontrerete, il Tuo viso sarà' ricoperto da una pioggia festosa di baci e le tue mani potranno carezzare ancora l'amata testolina. E Tu potrai guardare di nuovo dentro quegli occhietti fiduciosi, cosi' lontani dalla Tua vita, ma mai assenti dal Tuo cuore. Ed ora attraverserete Insieme il Ponte dell'Arcobaleno..


LA NOVELLA DEI GATTINI
 
C’era una volta una donna che aveva due figlie, una buona e gentile che si chiamava Nina, e una sgarbata e sfaticata di nome Nena.
Un giorno, la mamma disse alla Nena: “Vai alla casa dei gattini a prendermi lo staccio per la farina”; ma questa rispose subito -“Io non ti ci vado davvero! Mandaci la Nina!”
E così la Nina dovette smettere di fare quello che faceva e andare al mulino, quando arrivò suonò piano la campanella e aspettò che il gattino portinaio venisse ad aprirle la porta, dopo averlo salutato vide che doveva spazzare tutto l’ingresso e gli disse: “Oh, povero gattino! Vieni che ti aiuto io” quando ebbe finito, il gattino la ringraziò e le disse: “Monta uno scalin più su”. Al piano di sopra c’era il gattino lavandaio che faceva il bucato, la ragazzina gli disse: “Oh, povero gattino! Quanti panni da lavare! Vieni che ti aiuto io” e il gattino la ringraziò e anche lui le disse: “Monta uno scalin più su”. Di sopra c’era un gattino che infornava il pane “quante coppie di pane! Vieni che ti aiuto io” quando ebbero finito, il gattino le disse: monta uno scalin più su”. Lì trovò i gattini che cucinavano e si mise ad aiutare anche loro, quando fu tutto pronto la ringraziarono e le dissero: “Monta uno scalin più su”. E lì trovò il gatto mammone che sta sull’arcone, coi denti di ferro e la lingua d’ottone. Il gatto le chiese: “Chi sei ragazzina?” Lei gli rispose - “Sono la figlia del fattore, la mia mamma mi ha mandato a prendere lo staccio”. Intanto arrivarono i gattini e raccontarono tutto quello che la Nina aveva fatto per loro: “A me ha spazzato l’ingresso – a me ha lavato i panni – a me ha infornato il pane – a noi ha lavato i piatti e cucinato”. Il gatto mammone disse allora: “Vieni qui e cercami un po’!” La Nina cominciò a smuovere il pelo del gatto scacciando le pulci e i pidocchi; il gatto le chiese: “Che trovi?” La Nina per non offenderlo rispose - “Perle e oro” e il gatto replicò - “Perle e oro avrai!”
Intanto si era fatto tardi e il gatto disse alla Nina: “E’ ora di cena! Siediti con noi e dimmi che vuoi mangiare: pane e cacio o pane e cipolle?” La Nina disse: “Per me va bene pane e cipolle” ma nel piatto trovò pane e cacio. Quando ebbero finito la cena, fuori era quasi buio e allora il gatto mammone disse alla Nina: “Fermati a dormire qua da noi, tornerai a casa domattina col sole” e lei rispose: “Va bene”. Il gatto le chiese: “Dove vuoi dormire? Nel letto di piume o nel letto di paglia?” La ragazza rispose: “Per me va bene il letto di paglia, ci sono abituata” invece un gattino l’accompagnò a un bel letto di piume e prima di salutarla le disse: “Mi raccomando, domani mattina, quando senti ragliare un asino, copriti subito il viso, poi, quando canta un gallo, scoprilo”. La Nina, obbediente, fece come il gattino le aveva detto e appena si scoprì il viso, al canto del gallo, le apparve in fronte una splendida stella d’oro cosparsa di perle. La ragazzina, ancora più bella di quando era arrivata, salutò i gattini e tornò a casa con lo staccio.
La mamma, che voleva bene a tutte e due le figlie e sperava sempre che anche la Nena diventasse un po’ più buona e bella, disse: “Hai visto Nena come e’ tornata bella tua sorella? Ora vai tu a riportare lo staccio così potrai avere anche tu una bella stella d’oro!”
La Nena brontolò sgarbata, ma alla fine partì con lo staccio. Appena arrivata al mulino si attaccò alla campana suonando e urlando fino a strappare la corda della campanella; il gattino portinaio arrivò trafelato con in mano la granata ed aprì la porta, la Nena entrò come una furia e brontolò: “Ma che i gatti spazzano? Dammi quella granata che ti addirizzo la schiena!” Il gattino dolorante e spaventato le disse: “Monta uno scalin più su!” Di sopra la Nena vide il gattino lavandaio ed anche qui esclamò: “Che sono questi gatti che lavano? Ora ti ammollo io!” E lo stesso trattamento riservò al gattino fornaio ed a quelli che cucinavano, finché arrivò dal gatto mammone, che le chiese: “Chi sei?” – “Sono la Nena, la figlia del fattore, sono venuta a riportarvi il vostro stacciaccio” e così dicendo buttò lo staccio in mezzo alla stanza rompendolo quasi; nel frattempo arrivarono tutti i gattini malconci e cominciarono a lamentarsi così: “Me mi ha preso a granatate - me mi ha infilato nell’acqua bollente - me mi ha messo nel forno e sono tutto bruciacchiato – a noi ci ha rotto tutti i piatti e rovesciato le pentole”. Il gatto mammone chiamò la ragazza ed anche a lei disse: “Vieni qui e cercami un po’!” La Nena smosse il pelo e quando il gatto le chiese: “Che trovi?” Rispose sgarbata: “Pidocchi e pidocchiacci”, il gatto replicò: “Pidocchi e pidocchiacci avrai!”.
Dato che era tardi, anche a lei disse: “Rimani a cena con noi! Cosa vuoi: pane e cacio o pane e cipolle?” e questa subito: “Io voglio pane e cacio, le cipolle le hanno a mangiare i gattacci!” Ma nel piatto trovò pane e cipolle. Dopo cena la invitarono a restare a dormire e le chiesero: “Vuoi dormire nel letto di paglia o nel letto di piume?” – “Io voglio il letto di piume, in quello di paglia dormiteci voi gattacci!” Invece un gattino la accompagnò ad un letto di paglia ed anche a lei raccomando: “Domani mattina, quando senti ragliare un asino, copriti il viso e scoprilo solo quando canta un gallo.” Ma la Nena, dispettosa e disobbediente, non dette retta al gattino, non si coprì il viso al raglio e subito sulla fronte le apparve una coda d’asino lunga, sporca, irsuta e piena di pidocchi.
La Nena scappò verso casa piangendo con al lunga coda sugli occhi mentre i gattini salirono sulla torretta del mulino e suonarono la campana cantando: “Dolin-dolon, la Nina la stella, la Nena il codon, dolin-dolon, la Nina la stella, la Nena il codon.”       
 
 
PROVERBI SUI GATTI

Un gatto per un topo è come un leone (Proverbio albanese)
Per vivere a lungo, mangiate come i gatti e bevete come i cani (Proverbio tedesco)
La curiosità uccide il gatto, ma la soddisfazione lo riporta in vita (Proverbio inglese)
I gatti sono in grado di sostenere lo sguardo di un re (Proverbio inglese)
Il cane si addice all’uomo, il gatto alla donna (Proverbio inglese)
I gatti vedono anche attraverso le palpebre abbassate (Proverbio inglese)
I gatti nascondono gli artigli (Proverbio Inglese)
Agli occhi dei gatti tutto appartiene ai gatti (Proverbio inglese)
Non svegliate il gatto che dorme (Proverbio francese)
Un gatto vecchio non impara più a ballare (Proverbio marocchino)
Tenere chiuso un gatto lo farà diventare un leone (Proverbio ungherese)
Se il gatto e il topo trovano un accordo il droghiere è rovinato (Proverbio iraniano)
Una casa che non ospita un cane o un gatto è una casa poco onesta (Proverbio portoghese)
Il gatto è un ottimo amico… peccato che graffi (Proverbio portoghese)
Se un gatto viene morso da un serpente poi diffiderà anche di una corda (Proverbio arabo)

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