Il gatto nel tempo

È opinione comune e convalidata che il gatto sarebbe stato addomesticato in Egitto intorno al 4.000 a.C. ma una recentissima scoperta, avvenuta nell’isola di Cipro, di uno scheletro di gatto risalente all’8.000-8.300 a.C. potrebbe gettare nuova luce sulla storia della sua domesticazione.

Lo scheletro di gatto è stato trovato nella stessa tomba del suo padrone, i due giacevano sepolti uno accanto all’altro, in posizione parallela e con la testa rivolta ad ovest.
 Alla morte del padrone, il gatto era stato probabilmente ucciso e posto accanto a lui per accompagnarlo anche nella vita ultraterrena, a conferma di una relazione molto intensa tra i due.
 È comunque dall’Egitto che ci provengono le più importanti testimonianze sullo stretto legame che univa l’uomo al gatto. Le più antiche testimonianze della presenza del felino in contesti domestici egizi risalgono al 4.000-3.000 a.C. ma è a partire dal 1.900 a.C. che troviamo le prime rappresentazioni di gatti su affreschi, dipinti su papiro, bassorilievi, da cui si evidenzia con certezza la sua domesticazione. La sua fortuna fu sicuramente legata alle sue grosse capacità di difendere i granai dai roditori, e l’uomo da serpenti e scorpioni velenosi, ma anche alle sue fattezze e alle sue caratteristiche; i gatti furono accolti nelle famiglie egizie per gli stessi motivi per cui noi li amiamo: la bellezza, la grazia, l’agilità e il misterioso distacco che li contraddistinguono, nonché per la loro estrema pulizia.

Gli Egiziani rimasero talmente affascinati dal gatto da sviluppare un vero e proprio culto della personalità di questo animale al punto da venerarlo come sacro.A partire dal 1.500 a.C.
si diffuse la credenza che il dio solare Ra, la più potente divinità egizia, potesse manifestarsi sotto forma di gatto.
Durante la dodicesima dinastia – 950-720 a.C. – viene associato alla dea Bastet, divinità dalla testa di gatto e dal corpo umano, guardiana della famiglia, il cui ruolo principale era quello di dea della maternità, della fertilità, della gravidanza e dell’allevamento dei bambini. Bastet ben presto divenne la principale divinità del Pantheon egizio.
Il gatto era tenuto in così grande considerazione che quando quello di casa veniva a mancare i proprietari prendevano il lutto tagliandosi le sopracciglia. Spesso dopo la morte l’animale veniva mummificato e posto in sarcofagi. L’uccisione di un gatto, fatta deliberatamente, era considerata un delitto passibile della pena di morte.

Anche i gatti liberi venivano tenuti in grande considerazione e gli venivano offerti pranzi a base di pane inzuppato nel latte.
La diffusione del gatto al di fuori dell’Egitto avvenne ad opera di mercanti micenei i quali, ospitando i gatti sulle propri navi, ne permisero la diffusione in tutta l’area dell’Egeo; numerose sono le testimonianze che attestano la sua presenza nel periodo miceneo – 1.700-1.200 a.C. – come i bellissimi dipinti rinvenuti sull’isola di Santorini e a Creta, raffigurazioni su vasi, sigilli e pugnali sacri. Ma fu grazie alla fondazione di colonie nella Magna Grecia che il gatto ebbe ampia diffusione in tutta Europa.
Per quanto riguarda l’Italia, abbiamo un’importante testimonianza di questo, si tratta del rinvenimento di una serie di monete databili intorno al 500 a.C. in cui sono raffigurati i fondatori delle colonie di Rhegion (Reggio Calabria) e Taras (Taranto) intenti a giocare con un gatto.

Anche dal periodo etrusco ci sono giunte testimonianze della presenza del gatto, come il bel dipinto dalla Tomba del Triclinio di Tarquinia o le raffigurazioni su vasi.
È nella Roma Imperiale che vedremo consolidata e affermata in modo definitivo la presenza del gatto: di questo periodo ci sono giunte numerose testimonianze quali affreschi, mosaici, bassorilievi ma soprattutto steli funebri, dove il gatto viene rappresentato o come ricordo dell’animale in vita o come compagno nell’aldilà. Una delle connessioni più sorprendenti di questo periodo è il gran numero di persone con cognome derivante dal nome “gatto” in latino, all’inizio appellato con felis e successivamente con cattus. Nella sola Roma sono state rinvenute più di 250 iscrizioni soprattutto di donne chiamate Felicula, Felicla o Felicia, Gattina o Micina, Cattus e Catta, Gatto e Gatta oppure Cattulus e Cattula, Gattino e Gattina, ma anche Catia e Cattius.
L’iscrizione più significativa risale al 144 d.C. e proviene dal Campo Pretorio di Roma; da questa apprendiamo che la sesta centuria della prima coorte della guardia era detta Catti cioè “i gatti”.
Mentre il reparto dell’esercito romano degli ordines Augusti aveva sugli scudi l’immagine di un gatto rosso, e quello dei felices seniores esibiva un gatto verde
 
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